Scippa la borsa a una donna, ma è sua madre


E' successo a Napoli, nel quartiere di Fuorigrotta. Dopo lo scippo è scattata la caccia all'uomo. Una volta fermato il giovane, la vittima ha riconosciuto che il ragazzo che l'aveva scippata era suo figlio.

NAPOLI - Uno scippo in piena regola, la fuga nei bagni della stazione e poi il finale a sorpresa: la vittima era la madre. E' accaduto nel quartiere Fuorigrotta, alla periferia occidentale di Napoli, nei pressi della stazione della Cumana. Lo scippo è stato segnalato alla sala operativa della Questura e la segnalazione è stata subito passata alla polizia di zona. Immediatamente gli agenti del commissariato San Paolo hanno raggiunto al stazione di via Leopardi.

LA VICENDA. La nota della Questura indicava che un giovane, poco prima, aveva aggredito una donna e con violenza si era impossessato della sua borsa, fuggendo poi in direzione della toilette della stazione. I poliziotti si sono messi subito al lavoro per individuare il responsabile che dalla stazione, nel frattempo, si era già allontanato. Di lui gli agenti avevano un identikit e la descrizione delle scarpe e degli abiti che indossava. Lo hanno rintracciato dopo una breve ricerca in una strada vicina alla stazione e lo hanno condotto in commissariato per le formalità di rito. E quando hanno contattato la vittima per il riconoscimento e la denuncia, c'è stata la sorpresa: la donna è la madre del giovane fermato. Lei non si è lasciata per nulla intenerire e ai poliziotti ha confermato che quel giovane era il responsabile dello scippo subìto e ha raccontato di essere stanca delle continue vessazioni del figlio sempre alla ricerca di soldi.

MANETTE E MULTA PER IL RAGAZZO. Per il ragazzo, quindi, sono scattate le manette: è stato tratto in arresto con l'accusa di rapina e processato con rito direttissimo. I giudici lo hanno condannato a due anni e due mesi di reclusione in carcere, al pagamento della spese processuali e una multa di 500 euro.

...noi che tra gli sport estremi mettiamo "l'uscire di casa per buttare la spazzatura"

Ragazze che nella pubblicità si fanno la ceretta ma hanno le gambe già depilate.

E quando vai di fretta, stanne certo....Che trovi lui!

Un uomo e una donna la prima notte di nozze:


Lui:"Cara, ora ti do un bacino sul boschetto". La storia prosegue per sette sere
e alla fine la moglie, stanca, gli dice: "Senti o pianti il pino o vendo il terreno....

Vecchietti che mentre passi per il loro paese ti fissano con aria di sfida

Ricordarsi di dover fare qualcosa al pc soltanto dopo averlo spento

Bestemmie su Facebook, multa e censura per pagine e utenti blasfemi?


Da oggi in poi chi si iscrive a gruppi “blasfemi” (o ne crea di appositi), oppure bestemmia su Facebook, potrebbe incorrere in una denuncia e in una multa fino a 309 euro.

L’iniziativa in questione è stata sollevata dal sito internet denominato Pontifex.Roma.
Da quest’ultima è stata infatti avviata una vera e propria campagna di sensibilizzazione al riguardo.
La redazione del sito in questione, infatti, avrebbe ricevuto diverse segnalazioni, da parte degli utenti internet, circa la comparsa di numerose pagine sul noto social network, ritenute “blasfeme” e offensive nei confronti della religione.
A seguito di tali segnalazioni, Pontifex.Roma avrebbe avviato quindi un’iniziativa per cercare di “contrastare” tale fenomeno “mediatico”.

A tal proposito, sarebbero stati allertati sia i vertici del social network, che gli agenti della Polizia Postale, nonché alcuni esponenti parlamentari e di varie Istituzioni.

La richiesta avanzata da Pontifex.Roma è quella di “oscurare” le pagine che inneggiano a quella che essi stessi definiscono “cattofobia” (“odio verso i cattolici”), e di sanzionare allo stesso tempo gli “utenti” iscritti a tali “luoghi virtuali” su Facebook.
Richiamando l’Articolo 724 del Codice Penale (e le successive modifiche), essi hanno pertanto richiesto l’applicazione di multe da 51 a 309 euro da comminare a tutti gli internauti che dovessero compiere tali “atti” .
La notizia in questione è stata riportata anche sulla pagina ufficiale del sito Pontifex.Roma presente su Facebook , e sta provocando già diverse reazioni da parte degli internauti.

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"Dottore, mi sento a pezzi..."..."Bene, si spogli che la monto!"

LA MUSERUOLA VA MESSA ALLE PERSONE E NO AI CANI

"Papà, cos'ha la mamma tra le cosce?!" "Ha il paradiso, tesoro..


"E tu, papà che cosa hai?" "Io ho la chiave del paradiso..." "Ahhh... allora cambia subito la serratura perchè il vicino è riuscito a trovare le chiavi!!!!!"

Scherzando si può dire tutto, anche la verita'...

Lo so che mi parli dietro, ma dietro rimani...

SCIMMIA ALLATTA TIGROTTO: LA FOTO COMMUOVE IL WEB


BANGKOK - Le immagini, tenerissime, arrivano dalla Thailandia, precisamente dal Samut Prakan Crocodile Farm and Zoo. Una mamma scimpanzè, con un biberon in mano, allatta e accarezza, sorridendo, un piccolo di tigre. Il felino, di soli 28 giorni, succhia il latte come farebbe un bimbo. Le foto stanno già facendo il giro del web, sempre sensibile alla bellezza del mondo animale.

Uccide la fidanzatina per scommessa

Joshua Davies, 16 anni, ha ucciso la sua fidanzatina Rebecca Aylward


Annuncia il delitto su Facebook. «Ispirato da un film» Colpita con una pietra. In palio c'era una colazione

LONDRA - «Non c'è da preoccuparsi, sta bene, è con Josh», aveva detto la madre non vedendola rientrare quel sabato maledetto. Rebecca sarebbe stata ritrovata il giorno dopo a faccia in giù, il corpicino da quindicenne minuta nel bosco fradicio, indosso il vestito nuovo comprato per l'appuntamento. Joshua Davies, il suo ex ragazzo, aveva ritirato il premio per la scommessa vinta: una colazione pagata.

Ieri è stato condannato per omicidio dal tribunale di Swansea, nel sud del Galles. Ha sedici anni e non sa quanto resterà dentro. Come gli ha detto il giudice che ha aggiornato il processo in attesa dei referti psichiatrici, può aspettarsi la pena indefinita che le corti britanniche riservano ai criminali più instabili.

La storia di Rebecca Aylward ha sconvolto la piccola comunità di Bridgend, nera contea nota per i livelli record di suicidi giovanili degli ultimi anni. Posti di fiume spogliati dalle vecchie miniere, paesi dove si conoscono tutti. Un giorno Josh dice agli amici di voler uccidere quella ragazza dagli occhi verdi che conosce da quand'era piccolo e con la quale nel 2009 ha avuto una storia di tre mesi - lei ha chiuso perché lui era geloso, possessivo, diranno i compagni di «Becca». È un tipo che racconta storie, Josh, figlio di un meccanico e una commessa che, giurano in paese, vanno sempre in chiesa. Bravo a scuola, da grande vuole fare il premier, passa i pomeriggi al computer, vede molti film violenti e tra i preferiti su Facebook indica «Il petroliere» dove Daniel Day-Lewis rompe la testa a un uomo con un birillo (il titolo inglese è There Will Be Blood , «Ci sarà sangue»). Ora che non sta più con Rebecca s'inventa che lei voleva un figlio, poi che ha avuto un aborto, non pensa ad altro. «Sarebbe tutto più facile se non ci fosse». Immagina di spingerla da una rupe come dalle Termopili del film «300». Farla annegare nel fiume. Avvelenarla con una pozione preparata in casa.

Gli amici ascoltano. «Che mi daresti se lo facessi davvero?», chiede Josh a uno di loro. «Ti offrirei la colazione». Il piano prende forma in un lucido delirio sul filo tra mondo fisico e virtuale. Al processo i giudici decifreranno con fatica gli sms e i messaggi che i ragazzi si scambiavano sui social network in un crescendo di aspettative e adrenalina dov'è difficile distinguere tra cinismo e macabra ironia, riconoscere i contorni del reale. Due giorni prima dell'assassinio Josh scrive all'amico: «Non dire niente ma stai per pagare il conto». «Voglio tutti i dettagli, sadico bastardo».
Sabato 23 ottobre 2010 Rebecca si sveglia alle 6 per l'emozione, si prepara come per una festa, in fondo spera che Josh le chieda di tornare insieme. Anche la madre Sonia è contenta, le piace quel ragazzo «affascinante» che si faceva fotografare in salotto mentre giocava con la figlia e il fratellino Jack. Lui viene a prenderla, la porta in un posto isolato. «Guardava da un'altra parte - racconterà all'amico accompagnato sul luogo del delitto per mostrargli il corpo - mi sono detto: è il momento. Ho cercato di romperle il collo ma lei gridava, così ho preso la pietra. La parte peggiore è quando senti il cranio cedere».

Sei colpi alla nuca con un sasso grande quanto una palla da rugby e così pesante da costringere un agente in tribunale a sollevarlo con due mani. Come anestetizzato, Josh trascorre il resto della giornata in casa, prende il tè, guarda «Non è un paese per vecchi». Costruisce un alibi postando messaggi su Facebook e quando la famiglia dà l'allarme si dice preoccupato per Rebecca. Il giorno dopo due amici conducono la polizia nel bosco. Ieri ha ascoltato il verdetto impassibile. È scoppiato a piangere solo quando il giudice ha rimosso il divieto di rendere note le sue generalità: Joshua Davies di Aberkenfig.
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